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“Nuova generazione”, uscire dall’isolamento per tornare in piazza

“Volevo ringraziarti davvero tanto per avermi invitato a partecipare alla giornata di ieri”, scrive Federico, già candidato a consigliere del proprio Municipio in occasione delle ultime elezioni amministrative, riferendosi all’ultima mezza giornata di seminario organizzata il 18 novembre scorso dall’associazione Nuova Generazione. “Mi è servita molto, soprattutto a ravvivare quella passione, mai spenta, di fare Politica (con la maiuscola). In pratica non conoscevo nessuno, ma mi sono sentito subito accolto in questa compagnia”. Dello stesso tenore il messaggio di Andrea, eletto a Milano con una lista civica: “Grazie per ieri, la parte che ho seguito è stata interessantissima, una vera scoperta per me!”. Così anche Francesco, un semplice appassionato: “che bella giornata grazie mille! Mi piacerebbe parlarne perché i contenuti di tutti i relatori sono stati di altissimo livello, è un grande patrimonio”. Di fronte a queste reazioni ci si sente confortati, poiché l’esito di un generale disinteresse per la politica rischia di essere, per chi come chi scrive è impegnato nell’amministrazione del proprio territorio, quello di concepirsi soli all’interno delle istituzioni. Ma l’isolamento è il contrario della politica, che ha invece molto a che fare con l’essere sociale, l’essere originariamente aperto all’altro proprio della natura umana.

In effetti proprio da qui è nata l’idea di due appuntamenti cui invitare innanzitutto quelli con cui ci si è ritrovati fianco a fianco in tante campagne elettorali; quelli con cui per svariate ragioni ci siamo trovati insieme a occuparci di politica. Vuoi per i comuni impegni amministrativi o, magari, anche solo per un confronto su questioni urgenti che tutt’ora interrogano il dibattito attuale. È nata così l’idea di organizzare due appuntamenti invitando tutti a stare su un terreno che fino alla generazione dei nostri genitori, forse, pretendeva di “occupare” ideologicamente ogni aspetto della vita, mentre oggi — al contrario — sembra essere un discorso per pochi “addetti” e di cui si può, volendo, anche fare a meno. Tutto sembra concorrere a frammentare i processi decisionali, ad erodere la responsabilità di quanti fanno ancora politica e ad affermare l’inevitabile superamento di quest’ultima: i new media e la disintermediazione, i social che in modo sempre più rapido e continuativo sono in grado di riportare ed amplificare un sentiment diffuso ancorché talvolta irrazionale, ma pure l’affermazione dei cosiddetti “nuovi diritti” per via giurisdizionale.

Noi siamo invece tra coloro che pensano che ci sarà sempre bisogno di persone che si assumano una responsabilità pubblica per il bene comune, anche in un mondo in cui tenderanno a dominare soluzioni “tecniche” e il mito della rete a superare la democrazia rappresentativa. Sicuramente tutto ciò impone di cambiare modalità e forme di un impegno politico, ma certo non cancellandolo e sostituendolo. Proprio per questo abbiamo preparato i due momenti seminariali citati per aiutare noi e altri amici ad un giudizio culturale su alcune delle sfide epocali che, come cittadini e come generazione, stiamo vivendo: i flussi migratori e la trasformazione del mercato del lavoro. Si tratta di due temi che domineranno sempre di più i prossimi decenni, per i quali occorrono conoscenza, competenza e che non possono essere risolti a colpi di post o tweet. Stanno cambiando i paradigmi su cui si è retta la convivenza negli ultimi secoli e su cui è necessario dedicare tempo e sviluppare un pensiero nuovo: basta accedere ai servizi garantiti da un welfare universalistico per potersi dire cittadini di uno Stato? La cittadinanza è un diritto o piuttosto uno status che comporta un complesso di connessi diritti-doveri? Cosa implica possedere contemporaneamente due cittadinanze e a quale sistema di valori e significati ci si riconoscerà ultimamente appartenenti? Idem per quel che riguarda il lavoro che cambia: vale ancora la netta divisione in cui si è sviluppato il percorso professionale dei nostri genitori e per la quale lo Stato si occupava di istruire i giovani e garantire le pensioni, mentre il mercato doveva offrire quarant’anni di stabile occupazione e retribuzione economica? E poi: in un mondo in cui il percorso lavorativo è sempre più frammentato, da cosa è caratterizzata la precarietà? Dalla tipologia contrattuale o dall’assenza di politiche attive in grado di muovere una pluralità di soggetti pubblici e privati impegnati a sostenere la continua occupabilità della persona? Ha senso immaginare interventi normativi che abbiano ancora come unico terminale il rapporto subordinato tra datore e dipendente quando la grande trasformazione digitale sta convertendo molti in imprenditori di sé stessi?

Queste ed altre questioni emerse nei due appuntamenti, che abbiamo promosso come Nuova Generazione, ci hanno convinti ulteriormente di una cosa: più le sfide del nostro tempo alzano il tiro, tanto più saranno indispensabili intelligenze in grado di pensare la vita in comune e, sulla base di intenti ideali che si misurino con i bisogni delle persone e col loro consenso, di trovare la necessaria legittimazione per occuparsi della res publica. Invece di omogenizzare concezioni e sensibilità diverse, come inevitabilmente accadrebbe accettando di limitare la visuale ad un unico scenario definitivo — fatalisticamente predetto da un algoritmo o imposto per sentenza da una corte —, il metodo della competizione politica porta con sé la possibilità di ampliare i nostri orizzonti e renderci consapevoli che non esistono soluzioni giuste a priori, quanto uno spettro assai vasto di opzioni che chiedono solo di essere discusse, vagliate ed eventualmente sanzionate.

Prima che promuovere le posizioni di una parte, quindi, il nostro tentativo di approfondimento vuole inserirsi nel solco di quanto affermato da papa Francesco durante la sua visita pastorale a Cesena: “Un sano realismo sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni. Per rendersene conto basta provare ad agire di persona invece di limitarsi ad osservare e criticare dal balcone l’operato degli altri. […]. Vorrei dire a voi e a tutti: riscoprite anche per l’oggi il valore di questa dimensione essenziale della convivenza civile e date il vostro contributo, pronti a fare prevalere il bene del tutto su quello di una parte; pronti a riconoscere che ogni idea va verificata e rimodellata nel confronto con la realtà; pronti a riconoscere che è fondamentale avviare iniziative suscitando ampie collaborazioni più che puntare all’occupazione di posti. Siate esigenti con voi stessi e con gli altri, sapendo che l’impegno coscienzioso preceduto da un’idonea preparazione darà il suo frutto e farà crescere il bene e persino la felicità delle persone”.

Filippo Boscagli, consigliere comunale a Lecco
Matteo Forte, consigliere comunale a Milano
Deborah Giovanati, assessore del Municipio 9 a Milano
Lorenzo Margiotta, associazione Nuova Generazione

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